Azzollini si autoassolve con una leggina su misura: eviterà le accuse sul porto

UNA leggina ad personam salverà il senatore di Ncd, Antonio Azzollini dalle accuse più gravi nell’inchiesta sul porto di Molfetta. Il regalo è arrivato direttamente dal governo Renzi che ha inserito nella legge di conversazione del decreto legge numero 16 (quello per intendersi sugli ottanta euro) una normetta che servirà da salvacondotto per il presidente della commissione Bilancio del Senato, in modo da salvarlo dal processo contabile e dalle accuse più pesanti in quello penale.

Al comma 1 bis, che è stato aggiunto soltanto in sede di conversione del decreto quando il caso giudiziario era scoppiato, all’articolo 18 della norma si legge: «Per i mutui contratti dagli enti locali antecedentemente al primo gennaio del 2005 con oneri a totale carico dello Stato, il comma 76 articolo 1 della legge 30 dicembre 2004 numero 11 si interpreta nel senso che l’ente locale beneficiario può iscrivere il ricavato dei predetti mutui nelle entrate per trasferimenti in conto capitale, con vincolo di destinazione agli investimenti ».

Questo capolavoro di burocratese stretto apparentemente potrebbe non significare nulla. E invece significa tanto. Perché mai il Parlamento si premura di specificare una reinterpretazione di questo comma di una vecchia legge? Una spiegazione potrebbe essere nel capo di imputazione mosso dalla procura di Trani nei confronti di Azzollini e di altri ex amministratori del Comune di Molfetta. Sono tutti accusati di aver violato proprio “l’art. 1, comma 76, L. 30.12.2004 n. 311”, esattamente quello che viene ora reinterpretato. Ma c’è di più: la nuova norma indica chiaramente un argine temporale. Dice infatti che si riferisce a «i mutui contratti dagli enti locali antecedentemente al primo gennaio del 2005». Quando è stato contratto quello del comune di Molfetta? «Iscritto a bilancio nel 2004», si legge nel capo di imputazione della procura di Trani.

Il problema non era di poco conto. Perché tramite quello che la Procura definisce un «artifizio contabile, si consentiva indebitamente a quell’ente territoriale di pagare le imprese esecutrici dei lavori per il nuovo porto commerciale cinque milioni e 700mila euro e di dichiarare ciononostante di aver rispettato quel patto, come contestato al Sindaco Antonio Azzollini e al dirigente Giuseppe Domenico De Bari» accusati per questo di falso. Tanto non era di poco conto che ora la sezione di controllo della Corte dei conti - che aveva ricevuto tutti gli atti dalla Guardia di finanza che ha compiuto le indagini - si apprestava ad elevare le contestazioni agli allora amministratori. E invece si è dovuta bloccare e si appresta ad archiviare tutto proprio perché la norma è cambiata, anzi no è stata “interpretata ufficialmente” e dunque tutto quello che è stato fatto, è stato fatto bene.

Ma Azzollini non è l’unico beneficiario del regalo governativo. La nuova interpretazione della legge salva anche il comu- ne di Molfetta, oggi a guida centrosinistra, dal dissesto finanziario. Se infatti non fosse arrivata questa “interpretazione autentica” e la nuova giunta guidata dal sindaco Paola Natalicchio avesse dovuto spostare così come le aveva chiesto il ministero dell’Economia e della Finanza, che invece teorizzava come la guardia di Finanza l’altra interpretazione - da una posta di bilancio all’altro il computo dei mutui, Molfetta era in bancarotta. Anche per questo, probabilmente, la norma è stata inserita nel decreto.
Insomma, regali per tutti. Ora bisognerà capire che resterà delle accuse penali ad Azzollini che già si era salvato visto che il Parlamento aveva negato l’utilizzo delle intercettazioni a suo carico.

Restava il problema delle carte, e anche questo è stato risolto. Nelle scorse settimane sempre la Corte dei conti, questa volta però la Procura, aveva chiesto invece conto ad Azzollini e altri dieci amministratori (invitandoli a presentare le controdeduzioni, ieri scadeva il tempo per presentarle) dei 7,8 milioni pagati alla Cmc come risarcimento per il ritardo nei lavori. Secondo l’accusa quel ritardo era stato causato proprio dagli amministratori che avevano stilato un cronoprogramma impossibile, visto che prima di cominciare i lavori era necessario bonificare il fondale dalle bombe scaricate durante la seconda mondiale. Motivo per cui i lavori, ancora oggi, non possono essere ultimati.

fonte: repubblica

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